28 gennaio 2012

Coraggio

Una sera del 1993 l'artista più bravo a fare cover che sia mai esistito era impegnato in un concerto a New York.
All'inizio di una canzone con il titolo un po' strano, Jesus doesn't want me for a sunbeam, dove ancora più stranamente il bassista aveva preso una fisarmonica e il batterista un basso, fa il nome della band di cui stava per suonare una bellissima versione della canzone: i Vaselines.

Bello, vero? Però questo è successo quando abbiamo visto il disco dell'Unplugged.
Quella sera che lo vedemmo su MTV, e gli Unplugged di MTV si guardavano se no eri un poveraccio che magari andava ancora in giro con il Moncler, i più scafati di roba indie tra di noi avevano a malapena riconosciuto i Meat Puppets, ma di questi Vaselines non sapeva niente nessuno, e manco c'era un blog che avesse scritto un post su di loro, che so, nel 1987.

I Vaselines erano un gruppocoppia, quelli che portano con sé il rischio che la coppia finisca portandosi dietro il gruppo e infatti questo era successo.
Anni dopo sul famoso PC di Disfunzioni Musicali avrei trovato scritto "la band preferita da Kurt Cobain", che più o meno come dire "il presidente del consiglio preferito da Mario Monti". E chi se ne frega? E invece no, non si può dire, perché di un mito sono mitiche anche le presine della cucina, perché Mario Monti non ha (ancora) scritto Lithium.

Dopo che Kurt morì quelli che facevano i soldi con i dischi dissero ai Vaselines "dai fatene un altro" ma loro dissero no, non si volevano vedere, si detestavano, facevano già un sacco di soldi con i diritti e non erano dovuti finire come qualcun altro a rimettere a posto ogni sera lo Småland dell'Ikea fracassato dai bambini.
E allora quelli che facevano i soldi pubblicavano la raccolta dei Vaselines, poi l'edizione deluxe, poi la über deluxe, poi gli inediti, poi i remix, poi i remix di Smeerch e poi gli chiedevano "dai fatene un altro" e loro no.

Finché dopo vent'anni decidono che ormai non si ricorda più nessuno, ormai sono due simpatici vecchietti che possono farsi un giro per il mondo suonando senza portarsi dietro l'etichetta di quelli che se non fosse stato per quello lì sarebbero stati degli sconosciuti da un album e fine.
E allora io decido che dopo essermi portato in giro per Roma due divani posso pure andarmeli a vedere tanto per chiudere un altro cerchio della gioventù.
Suonano all'Angelo Mai, un posto che una volta era a Monti (il rione, non quello che non ha ancora scritto Lithium) e che dall'enorme vecchio edificio dov'era ha preso il nome. Dopo che li hanno cacciati da lì sono andati a Caracalla, ma hanno tenuto il brand.

Preceduti dai Demoni, un gruppo con groupies abbastanza simile, forse anche troppo, ai Diaframma, Eugene e Frances salgono sul palco e tanto per ricordarmi che è passato qualche annetto uno non ha più un bel po' dei suoi capelli e l'altra ha una tinta bionda discutibile, perfino di più delle sue calze marroni.

Quelli che se ne intendono direbbero che i Vaselines erano un gruppo C86 e non sarebbe certo sbagliato, anche se avevano comunque il vizio di mettere qualcosa di inusuale, come una fisarmonica o una trombetta da bici, nei loro pezzi.
Ma quelli di oggi non lo sono quasi più, sembrano una band americana, come se le loro canzoni fossero state prese e prodotte dai Calexico.

Su una cosa si sono sbagliati: il pubblico applaude e apprezza ma salta e urla quando partono i pezzi che furono rieseguiti dai Nirvana.
Su una cosa hanno ragione: si stanno evidentemente divertendo, hanno quasi sessant'anni e c'è gente che ha un terzo della loro età che ha pagato per vederli e che ne sa perfino qualcuna a memoria.

Chiudono con Dum-Dum e finalmente c'è un po' di giustizia, punk e gente che si esalta per qualcosa che è soltanto loro.
Nelle ultime canzoni un impensabile accenno di pogo che, unito al fatto che si fumasse in sala, rimanda a casa i partecipanti al giro turistico negli anni '90.

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